Odg per la seduta n. 18 della commissione Finanze e Tesoro
SENATO DELLA REPUBBLICA
-------------------- XVIII LEGISLATURA --------------------

6a Commissione permanente
(FINANZE E TESORO)


*18ª seduta: mercoledì 1° agosto 2018, ore 16
*19ª seduta: giovedì 2 agosto 2018, ore 8,30


ORDINE DEL GIORNO


PROCEDURE INFORMATIVE

Interrogazioni


IN SEDE CONSULTIVA
Seguito dell'esame del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto legge 25 luglio 2018, n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative - Relatore alla Commissione BAGNAI
(Parere alla 1ª Commissione) Seguito e conclusione esame. Parere favorevole con osservazioni.
(n. 717)


INTERROGAZIONI ALL'ORDINE DEL GIORNO

LANNUTTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che, a parere dell'interrogante:
i gravissimi danni inferti dal Governo Renzi-Padoan a risparmiatori espropriati col bail in, alle famiglie saccheggiate, alle imprese con i conti in rosso taglieggiate, si manifestano tangibilmente dopo il ripristino dell'anatocismo bancario, una odiosa pratica di ricapitalizzare gli interessi, che era stata debellata dalla Corte di cassazione e dalla Corte costituzionale dopo 20 anni di battaglie giudiziarie dell'Adusbef. Nel 2013 l'art. 1, comma 629, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014), modificando l'art. 120 del TUB (testo unico bancario, di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993), aveva reso illegittima, a decorrere dal 1° gennaio 2014, ogni prassi anatocistica nei rapporti bancari, vietando l'addebito di interessi passivi;
la pratica di far pagare gli interessi sugli interessi, adottata dagli istituti di credito per oltre mezzo secolo, espressamente vietata dal legislatore dal 1° gennaio 2014, è diventata a tutti gli effetti consentita su base annua da un emendamento del 7 aprile 2016, approvato al Senato dalla maggioranza di Governo con il decreto di riforma delle banche di credito cooperativo e dalla delibera n. 343 del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), organismo presieduto dal Ministro dell'economia e delle finanze, varata il 3 agosto 2016, in attuazione dell'articolo 120 del TUB, che accoglie l'articolo 17-bis del decreto-legge n. 18 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2016;
i tre procedimenti per pratiche commerciali scorrette, avviati dall'Antitrust (Autorità garante della concorrenza e del mercato, Agcm) nei confronti di Bnl, Intesa Sanpaolo e Unicredit, hanno portato in data 17 novembre 2017 una multa da 11 milioni di euro, per avere applicato l'addebito di interessi sugli interessi, sanzione per "condotte aggressive", finalizzate a ottenere dai clienti l'autorizzazione preventiva ad applicare l'anatocismo. Le comunicazioni fornite in filiale e attraverso l'home banking "non consentivano di fornire il diniego" e informavano solo sulle conseguenze negative in caso di mancata sottoscrizione, volti ad accertare se le tre banche avessero posto in essere condotte in violazione del codice del consumo (di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005) in relazione alla pratica dell'anatocismo bancario, fino all'entrata in vigore del decreto banche (decreto-legge n. 18 del 2016) che all'articolo 17-bis ha ribadito il divieto di anatocismo, contenuto nella legge di stabilità per il 2014, ed anche dopo il nuovo e definitivo fermo del decreto banche del 2016;
considerato che, a quanto risulta all'interrogante:
in data 3 marzo 2017, a fronte di evidenti abusi, Adusbef aveva presentato esposti denunce alle maggiori procure della Repubblica, ipotizzando l'omissione d'ufficio della Banca d'Italia, che, doverosamente informata dalle associazioni dei consumatori presenti nel CNCU (Consiglio nazionale consumatori ed utenti), invece di esercitare la potestà prevista dall'art. 128 del testo unico bancario, per "inibire ai soggetti che prestano le operazioni e i servizi disciplinati dal presente titolo la continuazione dell'attività, anche di singole aree o sedi secondarie, e ordinare la restituzione delle somme indebitamente percepite e altri comportamenti conseguenti" (art. 1, lettera a)), non sarebbe intervenuta, come di consueto, per non disturbare gli interessi delle banche socie, configurando, oltre all'omissione in atti d'ufficio, eventuali più gravi reati a danno degli utenti dei servizi bancari;
in particolare, aveva scritto Adusbef negli esposti presentati, alla luce dei fatti, nonché dei richiami giurisprudenziali, dottrinali e alle disposizioni di legge indicati, anche nell'art. 128 del TUB, si chiedeva alla Procura di accertare: a) se sotto il profilo degli omessi controlli e della mancata vigilanza non si configurasse il reato, ex art. 328 del codice penale (Rifiuto d'atti d'ufficio. Omissione); b) se dal tenore letterale delle missive e dalle palesate minacce non si configurassero i reati, ex artt. 640 del codice penale e seguenti, nonché ex art. 646 (Appropriazione indebita); c) se la responsabilità penale eventualmente accertata ed imputabile ai soggetti richiamati non potesse altresì aver configurato il reato, ex art. 170-bis del decreto legislativo n. 58 del 1998, e altri eventuali illeciti penali come rubricati nel decreto legislativo n. 58 del 1998;
facendo un calcolo sul volume medio degli impieghi affidati, ricapitalizzati con l'illecito anatocismo, effettuati dagli esperti contabili Adusbef, si evincerebbe un indebito lucro, solo per i fidi alle imprese, di 2.410 miliardi di euro dal 1° gennaio 2014 al 31 ottobre 2016 (ossia 811,830 miliardi di euro nel 2014; 808,338 nel 2015; 790,085 miliardi di euro tra il 1° gennaio ed il 30 settembre 2016), di 34,33 euro ogni 1.000 euro di scoperto, quindi una somma da rimborsare o compensare, approssimata per difetto, tra 6,7 e 7,8 miliardi di euro, incamerati dal sistema bancario, che non dovevano essere percepiti e che in virtù della legge e delle pronunce dei tribunali nelle inibitorie, dovrebbero essere restituiti. Invece di procedere alla restituzione del "maltolto" ad imprese ed altri affidati, il sistema bancario avrebbe preteso, dal 1° marzo 2017, interessi capitalizzati nel trimestre 30 settembre-30 dicembre 2016 e gli interessi di mora a partire da mercoledì 1° marzo 2017, in virtù del ripristino dello stesso anatocismo, evitando, accuratamente, il diritto alla restituzione o compensazione, di circa 7 miliardi di euro in media, stimati su impieghi affidati e tassi di interessi medi praticati, intimando che, a far data dal 1° marzo 2017, l'istituto di credito provvederà ad addebitare gli interessi debitori relativi al trimestre 1° ottobre-31 dicembre 2016, ed ordinando alla clientela di provvedere alla copertura, pena il blocco operativo del conto corrente;
risulta all'interrogante che almeno 2 procure della Repubblica (Milano e Palermo) abbiano aperto l'inchiesta dopo le denunce di Adusbef,
si chiede di sapere:
quali siano le ragioni che avrebbero indotto la Banca d'Italia ad attivare quella che all'interrogante appare una violazione dell'art. 128 del testo unico bancario, per inibire ai soggetti che prestano le operazioni e i servizi disciplinati dall'articolo la continuazione dell'attività, anche di singole aree o sedi secondarie, e ordinare la restituzione delle somme indebitamente percepite e altri comportamenti conseguenti, alla luce di azioni inibitorie e sentenze dei tribunali, che avevano condannato le principali banche a non praticare più alcuna forma di capitalizzazione degli interessi passivi e ogni pratica anatocistica in tutti i contratti di conto corrente con i consumatori;
se risponda al vero che le procure della Repubblica di Milano e di Palermo abbiano attivato indagini per verificare i reati penalmente rilevanti dall'illecita prassi dell'anatocismo dal 1° gennaio 2014 al 30 settembre 2016, lucrando in media 7 miliardi di euro, che devono essere restituiti o compensati, e quale sia la situazione odierna delle inchieste giudiziarie;
quali misure urgenti si intenda attivare, per ripristinare quella che l'interrogante ritiene essere una legalità violata, dato che l'ordinamento giudiziario non sembra contemplare "leggi speciali" a favore dei banchieri e della Banca d'Italia, come la prassi degli ultimi anni al contrario sembrerebbe indicare, con la più totale immunità degli autori di crac e dissesti bancari, addossati invece a milioni di risparmiatori, in condizioni di preoccupante assenza di vigilanza;
quali idonee iniziative si intenda assumere per tutelare cittadini, piccole e medie imprese ed affidati, espropriati da prassi bancarie a parere dell'interrogante illegittime.
(3-00011)


TARICCO, ROSSOMANDO, BOLDRINI, COMINCINI, LAUS, MAGORNO, ASTORRE, D'ALFONSO, MARGIOTTA, MANCA, MARINO - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
l'articolo 4 della legge n. 350 del 2003 equiparava le imprese piemontesi alluvionate nel 1994 alle terremotate della Sicilia nel 1990. Questo consentiva alle imprese che, per i gravi danni subiti, non avevano versato tributi, contributi e premi per gli anni 1995, 1996 e 1997, di regolarizzare la propria situazione versando il 10 per cento degli importi, al netto di interessi e sanzioni;
la legge n. 17 del 2007, di conversione del decreto-legge n. 300 del 2006, dava la possibilità alle imprese che avevano versato l'intero importo dovuto di presentare richieste di rimborso del 90 per cento dei contributi versati all'INPS negli anni 1995-1997;
nell'ambito di un contenzioso tra aziende e INPS, in data 19 giugno 2012 veniva inoltrata richiesta di informazioni alla Commissione europea sull'applicazione della comunicazione della Commissione 2009/C 85/01, e questa comunicava che l'aiuto non sarebbe stato notificato alla Commissione europea, e che la stessa avrebbe aperto d'ufficio un procedimento, chiedendo alle autorità italiane, prima di procedere ai successivi passaggi procedurali previsti dal capitolo III del regolamento (CE) n. 659/2009, di presentare le proprie osservazioni;
ad agosto 2015 veniva pubblicata la decisione della Commissione riguardante le misure SA.33083 (2012/C) relativa ad agevolazioni fiscali e contributive connesse a calamità naturali;
considerato che:
la legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), all'articolo 1, commi 771-774, dispone l'assegnazione di un contributo in favore delle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994 (a seguito di istanza all'Agenzia delle entrate) nel caso in cui abbiano versato contributi previdenziali e premi assicurativi relativi al triennio 1995-1997 per un importo superiore a 5.000 euro. La definizione delle modalità per l'accesso al contributo e per il riparto delle risorse è stata demandata ad un apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze. A tal fine sono stati stanziati 5 milioni di euro per il 2019;
la previsione della concessione di un contributo alle imprese colpite dall'alluvione del Piemonte del 1994 rappresenta un primo traguardo per dare risposta, dopo oltre 20 anni, ad aziende gravemente danneggiate dallo straordinario evento calamitoso, che diversamente avrebbero in molti casi rischiato il dissesto;
rappresenta allo stato una risposta, seppur limitata, all'annosa questione dei rimborsi spettanti alle imprese alluvionate. Tuttavia la mancata emanazione del decreto ministeriale, nel quale devono essere definiti i criteri e le modalità per l'accesso al contributo, impedisce di fatto la definitiva assegnazione dei contributi alle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda adottare, entro brevi termini, il decreto di cui all'articolo 1, comma 774, della legge n. 205 del 2017;
se intenda chiarire il campo di applicazione delle misure approvate ed i meccanismi di funzionamento della restituzione, al fine di garantire l'efficacia e la coerenza dell'applicazione del contributo, precisando che le imprese alluvionate beneficiarie del contributo sono quelle che hanno presentato la relativa istanza entro il termine di prescrizione decennale decorrente dall'entrata in vigore della legge n. 350 del 2003.
(3-00088)

LANNUTTI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
come si apprende da un articolo de "la Repubblica" del 12 luglio 2018 «Mps non si costituirà parte civile contro gli ex vertici Alessandro Profumo e Fabrizio Viola. Lo ha deciso all'unanimità il consiglio di amministrazione dell'istituto senese. Il cda, si legge in una nota, "all'esito di una approfondita fase istruttoria condotta con l'ausilio di autorevoli consulenti legali esterni, ha valutato che, allo stato, non sussistano le condizioni per procedere alla costituzione di parte civile nel procedimento [penale] nel cui contesto l'ex presidente del consiglio di amministrazione Alessandro Profumo e l'ex amministratore delegato Fabrizio Viola sono stati rinviati a giudizio con l'accusa di manipolazione di mercato e false comunicazioni sociali, mentre l'allora presidente del collegio sindacale e attuale sindaco effettivo, Paolo Salvadori, è stato rinviato a giudizio con l'accusa di false comunicazioni sociali. Nel formulare le proprie valutazioni, il consiglio di amministrazione - viene precisato nella nota - ha considerato nel loro insieme tutti gli elementi decisionali disponibili, avendo esclusivo riguardo al perseguimento degli interessi della banca e alla tutela dell'integrità del suo patrimonio"»;
si legge sul "Corriere della sera" del 27 aprile 2018: «Con una decisione non scontata da parte del gup di Milano, (...) gli ex vertici di Mps Alessandro Profumo - già presidente della banca e ora A.D di Leonardo - e l'ex ceo Fabrizio Viola - in seguito alla guida e poi commissario di Popolare di Vicenza e Veneto Banca - oltre a Paolo Salvadori, ex presidente del collegio sindacale, e alla stessa banca per responsabilità ex legge 231, sono stati rinviati a giudizio per aggiotaggio (ipotesi caduta per Salvadori) e falso in bilancio per il caso della contabilizzazione a bilanci dei cosiddetti "derivati" Santorini e Alexandria. Il processo inizierà il 17 luglio. La Procura aveva chiesto per tutti gli imputati il proscioglimento. Il gup Alessandra Del Corvo, non accogliendo le richieste dei pm e delle difese, ha mandato gli imputati a processo. (...) "Sono sorpreso ma confermo con determinazione di essere sereno per le scelte fatte in Mps. Dimostreremo di aver sempre operato correttamente nell'interesse dell'istituto e dei suoi azionisti, peraltro in stretta collaborazione con Banca d'Italia e Consob, e riconfermo la mia totale fiducia nella magistratura", così Alessandro Profumo, secondo quanto indicato da fonti vicine al manager, ha commentato la decisione del gup. (...) I pm Giordano Baggio, Stefano Civardi e Mauro Clerici già nel settembre 2016 avevano chiesto l'archiviazione delle accuse a carico degli imputati (la tranche d'indagine era stata trasmessa per competenza da Siena a Milano) ma nell'aprile 2017 si erano visti respingere l'istanza dal gip Livio Cristofano, che aveva ordinato l'imputazione coatta. Da qui la richiesta di rinvio a giudizio e l'udienza preliminare nella quale il pm Civardi nella scorsa udienza aveva chiesto nuovamente il proscioglimento con argomentazioni simili a quelle dell'istanza di archiviazione. (...) Dopo la crisi di Mps di fine 2011 a Siena erano arrivati Viola e Profumo per ristrutturare l'istituto. A febbraio 2013 avevano effettuato una correzione ("restatement") del bilancio di Mps denunciando circa 700 milioni di perdite nascoste dietro una contabilizzazione non corretta di alcune operazioni di finanziamento a lungo termine su Btp (tecnicamente "enhanced long term repo"), realizzate con Deutsche Bank - operazione Santorini - e Nomura - operazione Alexandria. Tali contratti vennero denunciati come derivati ma, anche sulla base di un parere di Banca d'Italia-Consob-Ivass sul trattamento contabile, vennero mantenute iscritte secondo il criterio adottato da Mussari e Vigni, cioè "a saldi aperti" ovvero come prestiti e acquisti contemporanei e non "a saldi chiusi", cioè come derivati, con effetti sia sul conto economico sia a livello di patrimonio. Vennero anche avviate cause per 1,2 miliardi di euro contro le 2 banche internazionali che portarono più avanti a due transazioni. Nel frattempo, nel 2016, la stessa Mps dovette correggere i bilanci fino al 2015 su ordine della Consob dopo che dalle indagini era emerso che i Btp alla base di alcune di quelle operazioni non erano stati acquistati da Mps. Da qui la nuova inchiesta, nata anche su impulso di un "supertestimone" come Giuseppe Bivona, ex manager di Goldman Sachs, e ora alla guida di una società di consulenza, Bluebell Partners, che da anni spulcia i bilanci senesi. Secondo i pm, Profumo e Viola non sarebbero stati da processare perché avrebbero agito senza alcuna intenzione di falsificare i conti (tra il 2011 e il 2014) né di occultare le perdite, anche perché avrebbero dato indicazione degli effetti contabili dei derivati in maniera pro-forma nei bilanci da loro firmati, senza dunque intenzione di ingannare il mercato. Diversa la lettura del gip dell'imputazione coatta (che agli atti aveva anche una nuova consulenza disposta dalla Procura generale) che aveva ravvisato nelle condotte dei manager presunti profili ingannevoli nei confronti del mercato perché quella contabilizzazione non aveva dissipato le ambiguità sui derivati»;
secondo Bivona, vi sono responsabilità da parte di Viola, Profumo, Consob e Banca d'Italia nella falsificazione dei bilanci MPS, come riportato da un lancio dell'agenzia "Ansa" del 16 aprile 2018: «"Che Alexandria e Santorini fossero dei derivati era scritto più di 400 volte negli stessi contratti. Leggendoli, chiunque sarebbe dovuto saltare sulla sedia"». Lo ha detto Giuseppe Bivona, quale consulente di alcune parti civili, testimoniando al processo. «Secondo Bivona, nella vicenda Mps hanno responsabilità non solo gli ex vertici, ma anche le autorità di controllo come Bankitalia e Consob, e i vertici che hanno "ereditato" la banca dall'ex presidente Giuseppe Mussari. Oltre a Mussari, fra gli imputati ci sono l'ex direttore generale Antonio Vigni, l'ex responsabile dell'area finanza Gianluca Baldassarri e l'ex direttore finanziario Daniele Pirondini. Sono accusati, a vario titolo, di falso in bilancio, aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. L'ex a.d Fabrizio Viola e l'ex presidente Alessandro Profumo "avevano tutte le informazioni necessarie - ha spiegato Bivona - Eppure, anche nei bilanci successivi al loro arrivo, quindi dal 2012 in poi, i derivati sono contabilizzati come titoli di Stato. Questa pratica è finita nel 2015, quando è intervenuta la procura". "Nel 2012 un'ispezione di Bankitalia aveva rilevato che si trattava di derivati - ha ricostruito Bivona - nel 2013 lo hanno riconosciuto Nomura, controparte in Alexandria, e Deutschebank, controparte in Santorini, oltre al Riesame di Siena. Ne deriva che quei bilanci erano viziati. Eppure, nessuna autorità di vigilanza ha avuto da ridire sugli aumenti di capitale del 2014 e 2015. È stata la procura a fare quello che non avevano fatto Consob e Bankitalia". Sia Consob sia Bankitalia sono parti civili al processo. A Milano è in corso anche l'udienza preliminare a carico di Profumo e Viola: per la seconda volta il pm ha chiesto il loro proscioglimento. Il 12 aprile, l'assemblea di Mps ha giudicato inammissibile la richiesta di azione di responsabilità promossa da Bivona nei confronti di Profumo e Viola»,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto descritto;
se ritenga che la mancata costituzione di parte civile contro Profumo e Viola da parte del presidente MPS Bariatti, vice presidente Turicchi e del consigliere Kostoris non integri un conflitto di interessi, essendo solidale la responsabilità del consiglio di amministrazione, gli stessi che come membri dello stesso consiglio avevano approvato l'ultima semestrale nel 2015 accusata di essere falsa;
se non abbia il dovere, anche alla luce di una decisione che comporta pregiudizio al patrimonio di Monte dei Paschi di Siena, di attivarsi, per quanto di competenza, al fine di revocare il mandato dell'intero consiglio di amministrazione, mettendo all'ordine del giorno della prossima assemblea degli azionisti un'azione di responsabilità verso tutti i protagonisti del grave dissesto;
se ritenga che le dichiarazioni di Profumo di avere agito nell'interesse dell'istituto e dei suoi azionisti, "in stretta collaborazione con Banca d'Italia e Consob", non rappresentino la prova della responsabilità delle autorità vigilanti, che hanno sempre agito per tutelare gli interessi esclusivi delle banche e dei banchieri, calpestando i diritti di clienti, risparmiatori e lavoratori;
quali misure urgenti intenda attivare, per restituire correttezza, trasparenza e legalità, sia nell'operato dei banchieri, sia soprattutto nello svolgimento delle funzioni di vigilanza da parte di Banca d'Italia e Consob.
(3-00092)